La situazione si fa ancora più grave se si considera che in Europa l’Italia si attesta come Paese col maggior numero di studenti ritirati. Solo uno studente su quattro tra quelli che hanno interrotto gli studi nella scuola statale ha proseguito gli studi in istituti non statale o nei corsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), mentre gli altri sono entrati di diritto nella categoria dei Neet, i giovani tra i 15 e i 29 che non studiano, non fanno formazione né tantomeno lavorano.
Il Miur ha stanziato 15 milioni per combattere questa tendenza, organizzando programmi di didattica integrativa e orari di scuola prolungati, oltre ad un percorso di formazione digitale intensivo per il personale scolastico.
Buoni propositi che rivelano la gravità della situazione italiana, influenzata oltretutto da fattori spesso indipendenti dagli studenti (classi troppo numerose, strutture non all’avanguardia e percorsi didattici non attenti alle esigenze del singolo).